La pesca con esplosivi

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    La pesca con esplosivi, o la pesca con la dinamite, è la pratica illegale che consiste nell’uso di esplosivi per stordire o uccidere banchi di pesci per una facile raccolta. Tale pratica è estremamente distruttiva per l’ecosistema circostante, poiché l’esplosione distrugge l’habitat sottostante (come le barriere coralline).
    Sebbene messa fuorilegge, la pratica rimane diffusa nel sud-est asiatico, così come nel Mar Egeo e nell’Africa costiera. Nelle Filippine, dove la pratica è stata ben documentata, la pesca con esplosivi è stata utilizzata sin prima della prima guerra mondiale, poiché questa attività è menzionata da Ernst Jünger nel suo libro Storm of Steel. Una relazione del 1999 stimava che circa 70.000 pescatori delle Filippine (il 12% dei pescatori totali) utilizzavano questa pratica.
    Le bombe sono fatte in casa e sono costruite usando una bottiglia di vetro con strati di nitrato di potassio in polvere e ciottoli o una miscela di nitrato di ammonio. Tali dispositivi, tuttavia, possono esplodere prematuramente senza preavviso o uccidere la persona che li usa o gli innocenti spettatori.
    Le onde d’urto subacquee prodotte dall’esplosione stordiscono i pesci e causano la rottura delle loro vesciche natatorie. Questa rottura causa una brusca perdita di galleggiabilità; un piccolo numero di pesci galleggia in superficie, ma la maggior parte affonda nel fondo del mare. Le esplosioni uccidono indiscriminatamente un gran numero di pesci e altri organismi marini nelle vicinanze e possono danneggiare o distruggere l’ambiente fisico, incluso un esteso danno alle barriere coralline. I ricercatori ritengono che le pratiche di pesca con esplosivi siano una delle maggiori minacce agli ecosistemi delle barriere coralline.
    Le barriere coralline danneggiate dalla pesca con esplosivi portano a una diminuzione istantanea della ricchezza e della quantità delle specie ittiche. Gli esplosivi utilizzati nella pesca esplosiva non solo uccidono i pesci ma distruggono anche gli scheletri di corallo. L’eliminazione del pesce elimina anche la resilienza delle barriere coralline ai cambiamenti climatici, ostacolando ulteriormente il loro recupero.
    Nei paesi asiatici a pesca esplosiva è in circolazione da oltre 50 anni e continua a trasformare le sue barriere coralline, uniche nel loro genere, in desolati paesaggi lunari, mentre i pescatori continuano a usare esplosivi o cianuro per uccidere o stordire le loro prede. Quarant’anni fa, la pesca esplosiva era praticata con la dinamite che era abbondantemente rifornita dopo la seconda guerra mondiale. Oggi i pescatori usano per lo più bombe fatte in casa prodotte con bottiglie riempite con una miscela esplosiva; vengono inoltre aggiunti pesi per far affondare la bottiglia più velocemente sott’acqua. Dopo che la bomba esplode, i pesci uccisi o storditi dall’onda d’urto dell’esplosione vengono raccolti.
    In Tanzania, invece, la pesca esplosiva in risale agli anni ’60 ed è stata dichiarata fuori legge nel 1970.
    In realtà, sono stati gli eserciti europei durante la prima guerra mondiale che hanno introdotto la pesca con esplosivi come un modo per catturare un pasto veloce e fresco. Alcuni paesi, come il Kenya e il Mozambico, sono riusciti a chiuderlo, ma continuano ancora in Libano, Malesia, Filippine, Indonesia e Myanmar, tra gli altri.
    Tale pratica, oltre ad essere altamente pericolosa per la flora e fauna acquatica, è pericolosa anche per i turisti, sia per quelli subacquei che possono essere coinvolti nelle esplosioni, le quali avvengono sempre più in fondo in quanto le bottiglie vengono appesantite, che per i turisti non subacquei, i quali possono ritrovarsi coinvolti in esplosioni accidentali a terra che possono avvenire durante la preparazione di tali esplosivi artigianali.
    In conclusione, le vaste coste difficili da pattugliare, il richiamo di guadagni redditizi e facili, e in alcuni casi l’apatia totale o la corruzione da parte di funzionari locali rendono l’applicazione dei divieti di pesca esplosiva una sfida continua per le autorità.

    Nicola Di Battista
    Psicologo / Psicoterapeuta, Assistente alla comunicazione per sordi e ciechi con l’uso del Braille e della Lingua Italiana dei Segni – Dattilologia, Mediatore Familiare, Specializzato con Master in Psicologia Oncologica. Presidente dell’Organizzazione di Volontariato Care The Oceans.
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    CARE THE OCEANS
    L’organizzazione di Volontariato Care The Oceans nasce per difesa della flora e fauna acquatica dei mari, dei fiumi e dei laghi, promuovendo pulizie coste e fondali, formazione sensibilizzazione per grandi e piccini, progetti educativi nelle scuole, programmi di ricerca e di integrazione e sensibilizzazione per persone in svantaggio bio – psico – sociale, attraverso il coinvolgerli nelle nostre attività e presentandogli in nostro operato.
    Non ultimo utilizza audio – interviste, il Braille, la Lingua Italiana dei Segni (LIS) / Dattilologia e la Comunicazione Aumentativa Alternativa per sensibilizzare al rispetto sia della flora e fauna acquatica e che della biodiversità quante più persone possibili, adattandoci, noi, alle loro modalità comunicative. Collabora con Comuni, Enti nazionali, Enti locali, Associazioni, Didattiche subacquee, Diving Center, Scuole pubbliche e private, Agenzie di Promozione Sociale e Circoli subacquei.

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